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Il dopo Parigi sui cambiamenti climatici

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
Dopo Parigi: valutazione delle implicazioni dell’accordo di Parigi a corredo della proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di Parigi adottato nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

1. Introduzione
L’accordo di Parigi del 2015 è un evento di portata storica nella lotta che il mondo ha ingaggiato contro i cambiamenti climatici: rappresenta un’ancora di salvezza, un’ultima opportunità per consegnare alle generazioni future un pianeta più stabile e sano, società più giuste ed economie più prospere; in questo senso, s’inquadra nel contesto dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. L’accordo guiderà il mondo nella transizione verso un’energia pulita, che imporrà alle imprese e agli investitori di mutare gli abituali comportamenti, e ai decisori di fornire nuovi incentivi nell’intero spettro delle politiche. Per l’Unione si prospettano importanti opportunità, soprattutto di crescita e occupazione: stimolando gli investimenti e l’innovazione nel settore delle energie rinnovabili, la transizione contribuirà a realizzare l’ambizione dell’Unione di diventare il leader mondiale in questo settore e aprirà nuovi spazi nei mercati per i beni e i servizi unionali, ad esempio nel campo dell’efficienza energetica.
Primo accordo multilaterale sui cambiamenti climatici a investire la quasi totalità delle emissioni mondiali, l’accordo di Parigi è un successo per il pianeta e una conferma del percorso intrapreso dall’Unione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Propugnando obiettivi ambiziosi, forte dell’efficacia delle proprie politiche climatiche e di una tradizione di negoziati e cooperazione internazionale basata sulle regole, l’Unione ha messo in campo una strategia negoziale che è stata decisiva per il raggiungimento dell’accordo. L’Unione è stata la prima delle grandi economie a presentare, il 6 marzo 2015, il proprio piano per il clima (ossia il contributo previsto stabilito a livello nazionale – INDC), che riprende gli elementi contenuti nel quadro 2030 per le politiche dell’energia e del clima, definito dal Consiglio europeo dell’ottobre 2014 1 , e nel piano della Commissione per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020 2 . L’Unione si è prefissata l’obiettivo ambizioso di ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte in tutti i settori economici di almeno il 40% entro il 2030: alla base di questo obiettivo vi sono le proiezioni mondiali in linea con il traguardo a medio termine cui punta l’accordo di Parigi.
A Parigi l’Unione si è mossa con grande coerenza politica e tutti i ministri degli Stati membri si sono dimostrati disponibili e determinati a fare della conferenza un successo. L’Unione ha difeso con coesione la posizione concordata in seno al Consiglio Ambiente, esprimendosi con una sola voce in tutte le fasi dei negoziati e contribuendo così in maniera determinante al loro esito positivo. Grazie alla sua azione diplomatica è soprattutto riuscita a costituire insieme ai propri partner un’ampia coalizione di paesi sviluppati e in via di sviluppo a favore degli obiettivi più ambiziosi. Questa coalizione è stata di fondamentale importanza nel creare una dinamica positiva durante i negoziati e costruire il consenso di tutti i grandi paesi produttori di emissioni intorno all’accordo.
A differenza del contesto mondiale in cui si era svolta la conferenza di Copenaghen nel 2009, a Parigi si è assistito a una mobilitazione generale dal basso dei governi e di attori non statali quali le città, le imprese, gli investitori e la società civile. Alla presidenza francese e alle Nazioni Unite va riconosciuto il merito di aver innescato una dinamica positiva nei mesi che hanno preceduto la conferenza e durante la conferenza stessa.
Per onorare gli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi non bisogna allentare lo slancio e la forte volontà politica di realizzare la transizione verso un futuro resiliente ai cambiamenti climatici e a impatto climatico zero senza creare squilibri sociali. I cambiamenti climatici devono rimanere all’ordine del giorno dei pertinenti consessi internazionali, tra cui le riunioni del G20 e del G7, e a tale scopo l’UE seguiterà a esercitare il ruolo di leader e condurre l’azione diplomatica 3 .
2. L’accordo di Parigi – Un accordo di portata mondiale
2.1. I punti salienti
L’accordo di Parigi stabilisce un piano d’azione mondiale inteso a mettere il pianeta sulla strada giusta per evitare cambiamenti climatici pericolosi, riconoscendo che a tal fine è necessario raggiungere il picco delle emissioni mondiali di gas a effetto serra nel più breve tempo possibile e riuscire a neutralizzare, nella seconda metà del secolo, l’impatto del clima. In particolare l’accordo:
fissa un obiettivo a lungo termine inteso a mettere il mondo sulla strada giusta per limitare l’aumento della temperatura ben al di sotto di 2 ºC rispetto ai livelli preindustriali e proseguire gli sforzi per contenere tale aumento entro 1,5 ºC; questo secondo obiettivo indicativo è stato concordato nell’intento di infondere una maggiore ambizione e tenere conto dei timori dei paesi più vulnerabili che stanno già risentendo degli effetti dei cambiamenti climatici;
invia un segnale chiaro a tutti i portatori d’interesse, agli investitori, alle imprese, alla società civile e ai decisori politici, indicando che la transizione mondiale verso l’energia pulita è un passo irreversibile e che occorre prescindere dai combustibili fossili. Con 189 piani climatici nazionali che coprono circa il 98% delle emissioni, la lotta ai cambiamenti climatici da Parigi in poi sarà un vero e proprio sforzo collettivo, compiuto non più solo da pochi paesi, ma dalla comunità mondiale;
introduce un meccanismo dinamico che consente di rafforzare gradualmente l’ambizione dopo aver valutato i risultati ottenuti. Ogni cinque anni a partire dal 2023 le Parti si riuniranno per fare il punto circa i progressi realizzati su scala planetaria, valutando la riduzione delle emissioni, l’adattamento e il sostegno fornito e ricevuto, nell’ottica dei traguardi a lungo termine stabiliti dall’accordo;
istituisce un obbligo giuridicamente vincolante in virtù del quale le Parti devono varare misure nazionali di mitigazione per conseguire gli obiettivi dei rispettivi INDC;
stabilisce un quadro rigoroso in materia di trasparenza e responsabilità, che prevede la presentazione a cadenza biennale degli inventari delle emissioni di gas serra delle Parti e le informazioni necessarie per verificare i progressi compiuti, un’analisi tecnica a cura di esperti, nonché una valutazione multilaterale e costruttiva dei progressi delle Parti e del meccanismo adottato per agevolare l’attuazione dell’accordo e promuoverne l’adempimento;
si configura quale ambizioso strumento di solidarietà grazie a una serie di disposizioni riguardanti il finanziamento degli interventi sul fronte del clima e le esigenze connesse all’adattamento, alle perdite e ai danni imputabili ai cambiamenti climatici. Per promuovere gli interventi di adattamento, individuali e collettivi, l’accordo stabilisce per la prima volta un traguardo mondiale inteso a rafforzare la capacità, potenziare la resilienza e ridurre la vulnerabilità agli eventi climatici. Incoraggia le Parti a cooperare maggiormente condividendo le conoscenze scientifiche sull’adattamento e le informazioni sulle rispettive pratiche e politiche.
2.2. Ratifica e entrata in vigore
L’accordo raggiunto a Parigi è una grande conquista. L’Unione continuerà a fare in modo che il livello di ambizione che lo caratterizza trovi riscontro negli elementi attuativi che si negozieranno in seguito, quali le disposizioni dettagliate in materia di trasparenza e responsabilità, i meccanismi di sviluppo sostenibile e i meccanismi di tipo tecnologico.
Il prossimo passo sarà la firma: l’accordo potrà essere firmato a New York a partire dal 22 aprile 2016 ed entrerà in vigore quando sarà stato ratificato da almeno 55 Parti che rappresentano almeno il 55% delle emissioni mondiali. Si auspica che sia ratificato ed entri in vigore rapidamente, in modo da fornire certezza giuridica a tutti i paesi quanto all’inizio dei suoi effetti. L’Unione dovrebbe essere in grado di ratificarlo nel più breve tempo possibile.
2.3. Tappe intermedie
L’accordo di Parigi prevede una serie di tappe intermedie. Innanzitutto occorre chiarire le esatte implicazioni del traguardo di 1,5 °C, a proposito del quale la 5a relazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) non è giunta a nessuna conclusione a causa del numero insufficiente di analisi scientifiche. L’IPCC dovrà pertanto presentare nel 2018 una relazione speciale che sintetizzi i risultati dell’attività scientifica condotta a livello internazionale, cui l’Unione darà il proprio contributo. Le tappe successive, che continueranno a vedere impegnata anche l’Unione, sono: nel 2018 il primo “dialogo facilitativo”, in cui si farà il punto del livello di ambizione e dei progressi collettivi registrati nell’attuazione degli impegni, seguito, nel 2023, da una prima valutazione mondiale, che servirà alle Parti per individuare gli interventi progressivamente più ambiziosi da mettere in campo dopo il 2030; a tal fine tutte le Parti sono invitate a comunicare entro il 2020 le rispettive strategie di sviluppo a basse emissioni di carbonio sul lungo periodo, ossia fino alla metà del secolo. Per agevolare la preparazione delle strategie la Commissione intende effettuare un’analisi approfondita delle trasformazioni economiche e sociali che funga da spunto per il dibattito politico nel Parlamento europeo, nel Consiglio e con i portatori d’interesse.
3. Come l’Unione attuerà l’accordo di Parigi
La transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio che utilizzi le risorse in modo efficiente richiede un mutamento radicale sul piano tecnologico, energetico, economico, finanziario e, da ultimo, della società nel suo insieme. L’accordo di Parigi non offre solo opportunità di trasformazione economica, crescita e creazione di posti di lavoro, ma è anche un elemento cruciale per la realizzazione di obiettivi di sviluppo sostenibile di più ampio respiro e delle priorità dell’Unione in fatto di investimenti, competitività, economia circolare, ricerca, innovazione e transizione energetica. L’attuazione dell’accordo di Parigi offre opportunità commerciali che consentiranno all’Unione di dare impulso alle rinnovabili e all’efficienza energetica e affacciarsi ai nuovi mercati mondiali di altre tecnologie a basse emissioni, mantenendo e sfruttando la posizione pionieristica che si è ritagliata. Per cogliere i vantaggi che questa posizione le offre, dovrà continuare a dare l’esempio e a perseguire politiche di riduzione delle emissioni sia tramite la regolamentazione sia promuovendo fattori che accelerano gli investimenti pubblici e privati nell’innovazione e nella modernizzazione di tutti i settori chiave; nel contempo dovrà assicurarsi che le altre grandi economie onorino i propri impegni. La transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio richiede un’attenta gestione, che tenga conto dei diversi mix energetici e strutture economiche presenti sul territorio dell’Unione; ciò significa che occorre anche anticipare e mitigare l’impatto sociale che la transizione produrrà in determinate regioni e settori socioeconomici.
3.1. Creare l’ambiente propizio alla transizione verso un’economia a basse emissioni
Transizione verso l’Unione dell’energia
L’impegno dell’Unione a favore della transizione verso un’energia pulita è irreversibile e non negoziabile. Le priorità dell’Unione dell’energia consistono nel “prendere le distanze da un’economia basata sui combustibili fossili, con una gestione centralizzata dell’energia incentrata sull’offerta, che si avvale di tecnologie obsolete e si fonda su modelli economici superati; […] consentire ai consumatori di assumere un ruolo attivo […] e […] superare l’attuale sistema frammentato, caratterizzato da un’assenza di coordinamento delle politiche nazionali, da barriere di mercato e da zone geografiche isolate dal punto di vista energetico” 4 . Il progetto dell’Unione dell’energia, articolato nelle sue diverse dimensioni, costituisce un quadro più ampio di cui l’Unione può avvalersi per creare l’ambiente propizio alla transizione verso un’energia pulita. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, l’attuazione completa dei piani climatici comporterà investimenti in efficienza energetica e tecnologie a basse emissioni dell’ordine di 13 500 miliardi di dollari USA dal 2015 al 2030, pari a una media annua di 840 miliardi. I piani non solo faranno lievitare gli investimenti, ma li ridistribuiranno in modo più equilibrato sia tra i vari combustibili e settori, sia tra la domanda e l’offerta; oltretutto gli investimenti nelle rinnovabili saranno quasi il triplo rispetto a quelli nelle centrali elettriche a combustibili fossili, mentre gli investimenti nell’efficienza energetica (trasporti ed edilizia in testa) saranno verosimilmente pari a quelli in altre parti del sistema energetico.
Innovazione e competitività
L’accordo di Parigi indica con chiarezza l’ambiziosa traiettoria da seguire per sviluppare innovazione a basse emissioni di carbonio. A margine della conferenza, venti grandi economie mondiali hanno lanciato l’iniziativa “Mission Innovation”, allo scopo di dare impulso all’innovazione, pubblica e privata, nel settore dell’energia pulita, sviluppare e diffondere tecnologie di punta e ridurre i costi. L’Unione intende aderire a questa iniziativa e ha i presupposti per farlo, dato che il bilancio per la ricerca nel campo delle tecnologie a basse emissioni a titolo di Orizzonte 2020 è già stato raddoppiato per il periodo 2014-2020 e almeno il 35% è stato destinato ad attività inerenti al clima; inoltre, la strategia futura di ricerca, innovazione e competitività nell’ambito dell’Unione dell’energia sfrutterà le sinergie che si creeranno tra i settori dell’energia, dei trasporti, dell’economia circolare, dell’innovazione industriale e digitale. Ciò dovrebbe rafforzare la competitività delle tecnologie europee, attuali e future, a basse emissioni di carbonio e efficienti sul piano energetico.
Investimenti e mercati dei capitali
Per sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici, nonché per evitare di restare vincolati a infrastrutture e beni a elevate emissioni è indispensabile spostare e aumentare rapidamente gli investimenti privati. I fondi unionali svolgeranno un ruolo importante nella mobilitazione dei mercati 5 : il sostegno fornito dal piano di investimenti per l’Europa, concepito in particolare per rimuovere gli ostacoli agli investimenti nell’Unione, nonché gli eventuali finanziamenti erogati dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) dovrebbero promuovere gli investimenti nell’efficienza energetica e nella riduzione delle emissioni nel mercato unico; il piano di investimenti per l’Europa ha già dato risultati promettenti in questo settore 6 e occorre sondarne tutte le potenzialità. La Commissione ha inaugurato di recente il portale dei progetti di investimento europei, che sarà pienamente operativo a breve; inteso a risvegliare l’interesse degli investitori nei confronti di progetti d’investimento validi in Europa, il portale raccoglierà i progetti inviati dai portatori d’interesse nel settore dell’energia in modo da fornirne ai potenziali investitori la panoramica completa. La Commissione intende intensificare in via prioritaria l’assistenza tecnica prestata ai portatori d’interesse, per poter introdurre nel 2016 i sistemi necessari ad aggregare i progetti di efficienza energetica più piccoli e creare così una massa critica. Tali sistemi dovrebbero fornire migliori opportunità d’investimento nell’efficienza energetica e facilitare l’accesso al capitale da parte di piattaforme e programmi nazionali, regionali o locali per l’efficienza energetica; punteranno, fra l’altro, a rafforzare l’assistenza tecnica e l’assistenza per lo sviluppo di progetti nell’ambito del Polo europeo di consulenza sugli investimenti (EIAH), istituito dalla Commissione europea e dalla Banca europea per gli investimenti al fine di aiutare i promotori pubblici a strutturare i loro progetti e a promuovere regimi di finanziamento con termini e condizioni standard, in particolare nel settore dell’edilizia 7 .
Le istituzioni finanziarie sono elementi importanti nel processo di transizione, così come il buon funzionamento dei flussi transfrontalieri dei capitali e l’esistenza di mercati di capitali integrati e sostenibili; le misure già adottate o in preparazione per la creazione di un’Unione dei mercati dei capitali 8 sono determinanti in questo contesto. La transizione, all’interno del mercato unico, ma non solo, può inoltre essere favorita da una serie di organismi, quali la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali, la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, il Fondo verde per il clima e altre istituzioni finanziarie internazionali come la Banca mondiale e le banche di sviluppo nazionali. Il Consiglio per la stabilità finanziaria, in risposta al G20 che nell’aprile del 2015 gli aveva chiesto di esaminare il modo in cui il settore finanziario potesse tener conto delle questioni legate al clima, ha istituito un gruppo di lavoro per la trasparenza delle informazioni sull’esposizione finanziaria ai cambiamenti climatici, il cui scopo è aiutare gli operatori di mercato a capire e gestire meglio i rischi legati al clima. Il G20 ha costituito di recente un gruppo di studio per analizzare le questioni connesse alla “finanza verde”. A livello europeo, il Comitato europeo per il rischio sistemico ha pubblicato una relazione sulla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e i rischi potenziali per il settore finanziario 9 .
Prezzo del carbonio e sovvenzione dei combustibili fossili
Affinché la transizione avvenga in condizioni di parità in tutto il mondo, non si può prescindere dall’assegnare un prezzo al carbonio; lo si può fare in vari modi, ad esempio con un sistema di scambio di emissioni, come nel caso dell’Unione, l’imposizione fiscale o altro tipo di strumenti economici e/o fiscali. L’Unione dovrebbe adoperarsi di più per mettere la propria esperienza al servizio dei paesi che si accingono a dare un prezzo al carbonio, tra cui la Cina e la Corea del Sud, in cui si stanno mettendo a punto sistemi di scambio di quote di emissioni, e le grandi economie che stanno adottando tecnologie delle energie rinnovabili e migliorando le loro politiche in materia di efficienza energetica. L’accordo di Parigi, pur segnando una grande svolta perché di portata realmente mondiale, impegna i paesi in gradi diversi in base ai contributi nazionali, con il conseguente rischio che le imprese perdano competitività laddove persistano disparità di condizioni. La decisione strategica del Consiglio europeo di mantenere l’assegnazione di quote gratuite dopo il 2020 e la proposta legislativa sulla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio conseguono il giusto equilibrio per l’attuale sistema di scambio di quote dell’Unione, ma dovranno essere riesaminate nel prossimo decennio.
A complicare ulteriormente le prospettive del prezzo del carbonio e dell’energia è l’attuale prezzo basso del petrolio, che peraltro costituisce un fattore favorevole, non solo all’introduzione del prezzo del carbonio, ma anche alla soppressione dei sussidi ai combustibili fossili. Questi sussidi, che secondo l’agenzia internazionale per l’energia ammontavano globalmente a 548 miliardi di dollari USA nel 2013, sono il maggiore ostacolo all’innovazione nelle tecnologie pulite, come è stato riconosciuto dal G20 e dal G7 che ne hanno chiesto l’eliminazione. La prossima relazione sui costi e i prezzi dell’energia nell’Unione illustrerà gli ultimi sviluppi della situazione.
Il ruolo delle città, della società civile e delle parti sociali
Un ulteriore presupposto per la transizione è il coinvolgimento della società civile, in tutte le sue componenti: cittadini, consumatori, parti sociali, PMI, start up innovative e imprese competitive sui mercati mondiali. La conferenza di Parigi e il programma d’azione LimaParigi, iniziativa delle presidenze peruviana e francese della COP, hanno puntato a mobilitare un altissimo numero di attori non statali, ricercando nell’azione cooperativa internazionale il sostegno al nuovo accordo sul clima. L’Unione è nella posizione ottimale per far sì che la transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio sia integrata in tutti i settori e livelli di governance.
Le città intelligenti e le comunità urbane sono i luoghi che di fatto vedranno le maggiori trasformazioni. Nel 2016 saranno pertanto intensificate le attività a livello di città e l’elaborazione di politiche urbane: ad esempio si sosterranno le azioni sviluppate dal rinnovato Patto dei sindaci, iniziativa caratterizzata da un approccio integrato e maggiore proiezione mondiale, e sarà creato uno sportello unico per le autorità locali. In tal modo per queste ultime sarà più facile contribuire alla transizione verso un’Unione a basse emissioni e per le imprese europee si moltiplicheranno le opportunità di sfruttare sui mercati mondiali la competitività acquisita nelle tecnologie innovative per città intelligenti.
Azione diplomatica per il clima nel contesto delle relazioni internazionali
L’azione sul fronte del clima è un elemento importante e delicato delle relazioni esterne dell’Unione, che s’intreccia con le politiche in materia di aiuto e cooperazione allo sviluppo, vicinato e allargamento, cooperazione internazionale scientifica e tecnologica, commercio, diplomazia economica e sicurezza. Per non perdere lo slancio di Parigi occorrerà non allentare l’attività politica e diplomatica a livello internazionale.
Come concordato dal Consiglio 10 , nel 2016 l’azione diplomatica in materia di clima dovrà concentrarsi su tre filoni: i) continuare a promuovere la priorità strategica dei cambiamenti climatici, ii) sostenere l’attuazione dell’accordo di Parigi e dei piani climatici e iii) intensificare gli sforzi per affrontare il nesso tra i cambiamenti climatici e le risorse naturali, compresa l’acqua, la prosperità, la stabilità e le migrazioni.
Per quanto riguarda i finanziamenti per il clima, l’Unione e gli Stati membri si sono impegnati ad aumentarli gradualmente nel contesto di azioni significative di mitigazione e di un’attuazione trasparente, al fine di apportare il proprio contributo all’obiettivo dei paesi sviluppati di mobilitare congiuntamente, entro il 2020, 100 miliardi all’anno di dollari USA attingendo ad un ampia varietà di fonti pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, anche fonti alternative; in base all’andamento attuale, l’assistenza unionale allo sviluppo rappresenterà una parte sostanziale della quota dell’Unione per questo obiettivo. Nel contesto del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, l’Unione si è impegnata a fare in modo che il 20% del proprio bilancio complessivo sia destinato a progetti e politiche per il clima: ciò equivale a più di un raddoppiamento della spesa esterna per il finanziamento dell’azione per il clima nei paesi in via di sviluppo, che potrebbe ammontare a 14 miliardi di euro. Una quota sempre maggiore di queste risorse sarà destinata all’adattamento, all’innovazione e allo sviluppo di capacità.
Per aiutare i paesi in via di sviluppo a realizzare i loro piani climatici a partire dal 2020 saranno rafforzati i programmi di sostegno (quali l’Alleanza mondiale contro il cambiamento climatico+); a tal fine è necessario che l’Unione sfrutti appieno le sinergie tra l’azione per il clima, il programma d’azione di Addis Abeba e l’Agenda 2030, con i relativi obiettivi di sviluppo sostenibile, anche partecipando all’iniziativa Africa Renewable Energy. Nel quadro delle politiche di allargamento e di vicinato, l’Unione proseguirà il dialogo politico e il sostegno ai paesi partner, dando particolare risalto allo sviluppo delle capacità.
Per favorire l’azione globale sul fronte della mitigazione dei cambiamenti climatici e per aprire nuovi sbocchi per le imprese europee occorre accelerare i negoziati bilaterali e multilaterali in corso sulla liberalizzazione degli scambi di beni e servizi ecologici. L’Unione dovrebbe inoltre mantenere il ruolo guida nel promuovere risultati ambiziosi nell’ambito dei negoziati in seno all’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) e all’Organizzazione marittima internazionale (IMO) per affrontare la questione delle emissioni di gas a effetto serra, nonché nel quadro dei negoziati del protocollo di Montreal.
3.2. Quadro 2030 per il clima e l’energia
La conferenza sul clima di Parigi dovrà essere seguita dalla traduzione degli impegni assunti da tutti in paesi in azioni politiche concrete. Nell’ottobre 2014 il Consiglio europeo ha fissato il quadro di politica climatica ed energetica a orizzonte 2030, in base al quale l’Unione si è posta l’ambizioso obiettivo di ridurre entro il 2030 di almeno il 40% le emissioni di gas a effetto serra prodotte in tutti i settori economici, insieme agli obiettivi di innalzare di almeno il 27% la quota di energie rinnovabili e di migliorare almeno nella stessa misura l’efficienza energetica 11 . L’accordo di Parigi conferma l’approccio dell’Unione, pertanto l’attuazione del quadro 2030 per il clima e l’energia concordato dal Consiglio europeo è una priorità nel seguito da dare all’accordo.
La Commissione ha già avviato questo processo presentando una proposta di revisione del sistema di scambio delle quote di emissione, che interessa il 45% delle emissioni di gas serra dell’Unione; nei prossimi 12 mesi presenterà le altre proposte legislative necessarie per attuare il quadro concordato per il 2030 in modo equo ed efficiente in termini di costi, fornendo la massima flessibilità agli Stati membri e perseguendo il giusto equilibrio tra l’azione a livello nazionale e a livello dell’UE. Il prossimo passo sarà la presentazione delle proposte attualmente in preparazione, nella fattispecie una decisione sulla condivisione degli sforzi e un atto in materia di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF), cui faranno seguito iniziative legislative per istituire un sistema di governance affidabile e trasparente e per razionalizzare gli obblighi di pianificazione e di rendicontazione nei settori del clima e dell’energia a partire dal 2020.
La Commissione presenterà inoltre le proposte programmatiche necessarie per modificare il quadro normativo dell’Unione affinché, in linea con le conclusioni del Consiglio europeo dell’ottobre 2014, sia data priorità all’efficienza energetica e sia promossa la leadership mondiale dell’Unione nel settore dell’energia rinnovabile; tra di esse rientra il nuovo assetto del mercato dell’energia, inteso a porre i consumatori al centro del sistema energetico promuovendo la gestione della domanda e una maggiore flessibilità. La Commissione, infine, ha già varato quest’anno una serie di misure sulla sicurezza energetica per affrontare tempestivamente le nuove sfide sul fronte dell’approvvigionamento poste dall’evoluzione del contesto internazionale.
4. Conclusione
Prima e durante la conferenza di Parigi l’Unione è stata al centro della coalizione di paesi industrializzati e in via di sviluppo accomunati da una forte ambizione. Per vedere realizzata la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, l’Unione non deve cessare di coltivare questa ambizione, al proprio interno e sul piano internazionale:
firmando e ratificando al più presto l’accordo di Parigi. La proposta di firma dell’accordo è acclusa alla presente comunicazione;
consolidando il contesto favorevole alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio tramite un’ampia gamma di politiche correlate, quadri e strumenti strategici che trovano riscontro nelle 10 priorità della Commissione Juncker, in particolare il progetto di Unione dell’energia resiliente corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici;
completando rapidamente il quadro normativo 2030 per l’energia e il clima in linea con le conclusioni del Consiglio europeo dell’ottobre 2014. È auspicabile che le imminenti proposte legislative siano discusse con iter accelerato dal Parlamento europeo e dal Consiglio;
partecipando senza riserve, al pari di tutte le altri Parti, ai processi di verifica previsti dall’accordo di Parigi intesi ad assicurare il raggiungimento dell’obiettivo di mantenere il riscaldamento del pianeta ben al di sotto di 2 ºC e proseguire gli sforzi per contenerlo entro 1,5 ºC.
(1) Conclusioni del Consiglio europeo del 24 ottobre 2014.
(2) Il protocollo di Parigi – Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020 [COM(2015) 81 final].
(3) Diplomazia climatica europea dopo la COP21 – Conclusioni del Consiglio del 15 febbraio 2016.
(4) Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici [COM(2015) 80] del 25 febbraio 2015.
(5) La programmazione dei nuovi Fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE), effettuata consultando un’ampia gamma di portatori d’interesse, ha destinato 114 miliardi di EUR agli interventi in materia di clima per il periodo 2014-2020; questo importo equivale al 25% dei fondi SIE, il che denota un deciso impegno a favore del clima, superiore alla quota del 20% assegnata a questa voce nel bilancio UE. Il sostegno non si limita alle sole opportunità di finanziamento, ma si estende anche a una forte cooperazione regionale, allo sviluppo delle capacità e all’assistenza tecnica.
(6) Panoramica dei progetti di riduzione delle emissioni e di efficienza energetica contenuti nel piano di investimenti: http://ec.europa.eu/priorities/sites/beta-political/files/sector-factsheet-energy_en.pdf.
(7) Stato dell’Unione dell’energia 2015.
(8) Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali [COM(2015) 468 final].
(9) https://www.esrb.europa.eu/pub/pdf/asc/Reports_ASC_6_1602.pdf
(10) Conclusioni del Consiglio sulla diplomazia climatica europea dopo la COP21.
(11) L’obiettivo di efficienza energetica sarà riesaminato entro il 2020, in vista di un obiettivo unionale del 30%.

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