Le ipotesi che suggeriscono correlazioni tra le aree a maggior inquinamento atmosferico e la diffusione del virus responsabile della COVID-19 hanno sollecitato la richiesta di pareri all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e stimolato molti gruppi di studiosi a collaborare per esaminare il problema e le possibili associazioni. Tuttavia, l’incertezza che ancora riguarda molti aspetti di questa epidemia richiede quindi una certa cautela e un approfondimento delle eventuali relazioni causa-effetto.
Gli effetti sanitari avversi dell’inquinamento: cosa sappiamo
L’esposizione all’inquinamento atmosferico indoor e outdoor – e in particolare al materiale particellare PM (PM10, PM2,5), agli ossidi di azoto (NO e NO2), nonché all’ozono (O3) – può determinare un insieme di effetti sanitari avversi già ampiamente descritti nella letteratura scientifica accreditata. Nel 2016, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che globalmente sono circa 7 milioni le morti premature all’anno correlate a questo fattore di rischio, con il 91% di questi decessi a carico dei Paesi a basso-medio reddito e relative alle popolazioni delle aree del sud asiatico, sub-sahariane e dell’America latina. In particolare, per la popolazione europea sono state stimate circa 550.000 morti premature.
Inoltre, l’OMS ha dedicato particolare attenzione agli effetti sanitari dovuti ai livelli di inquinamento degli ambienti indoor, determinati principalmente dall’uso di combustibili di bassa qualità per il riscaldamento degli ambienti e dalla preparazione dei cibi, ma anche dall’uso di sostanze chimiche per l’igiene personale e per la pulizia degli ambienti, aromi per la profumazione indoor, pitture, vernici, ecc. Questa componente riveste un ruolo rilevante se si considera che la popolazione trascorre la maggior parte del tempo in ambienti chiusi (abitazione, scuola, lavoro, solo per citarne alcuni)…https://www.epicentro.iss.it/