Contenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, come prevedono gli accordi definiti alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015 (COP-21), è possibile, ma richiederà un rafforzamento degli impegni sulla riduzione delle emissioni di gas serra. È quanto afferma un articolo pubblicato su “Nature Geoscience” da Richard Millar, dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, e colleghi di una collaborazione internazionale.
Gli autori hanno utilizzato un modello al computer che correla i dati sulle emissioni di carbonio e quelli sui cambiamenti climatici del passato e il clima attuale contenuti nel V Rapporto di valutazione del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC-AR5).
Il dato fondamentale di cui tenere conto è che gran parte dell’incremento di temperatura fissato come tetto a Parigi è già stato “consumato”: secondo le stime al 2015, l’aumento globale di temperatura attribuibile alle attività umane era di circa 0,93 °C rispetto alla metà del XIX secolo, considerata convenzionalmente l’inizio della rivoluzione industriale. Restano quindi da gestire poco meno di 0,6 °C, che si traducono in un “budget” di emissioni post-2015, cioè una quantità massima di gas serra che è possibile rilasciare in atmosfera senza superare il tetto di temperature prefissato.
Lo scenario complessivo prevede un picco delle emissioni nel 2030, seguito da una riduzione prima drastica e poi sempre meno consistente, a cui dovrebbe corrispondere un picco delle temperature di +1,2-2 °C verso la metà di questo secolo.
Secondo il modello di Millar e colleghi, il budget residuo di emissioni di anidride carbonica è superiore a quello indicato da precedenti studi: è infatti compreso nell’intervallo tra 250 e 540 gigatonnellate (miliardi di tonnellate) di carbonio.
Un budget così elevato sarebbe però sostenibile solo se si procedesse a ridurre drasticamente i gas serra diversi dall’anidride carbonica, e cioè il metano, l’ossido di azoto e i gas fluorurati (idrofluorocarburi, perfluorocarburi, l’esafluoruro di zolfo e altri). Se viceversa gli sforzi fossero concentrati unicamente sull’anidride carbonica, il budget di emissioni di CO2 post-2015 si ridurrebbe a sole 200 gigatonnellate di carbonio.
Un altro dato estremamente interessante è evidenziato in una lettera pubblicata sullo stesso numero di “Nature Geoscience” e firmata da Gunnar Myhre, del Center for International Climate and Environmental Research (CICERO) di Oslo, e colleghi…..http://www.lescienze.it