Il mio balcone

Stefano Boeri

Il Bosco Verticale è l’edificio-prototipo di una nuova architettura della biodiversità, che pone al centro non più solo l’uomo, ma il rapporto tra l’uomo e altre specie viventi. Il primo caso costruito, a Milano nell’area Porta Nuova, è formato da due torri alte 80 e 112 m, che ospitano nel complesso 800 alberi (480 alberi di prima e seconda grandezza, 300 dalle dimensioni più ridotte, 15.000 piante perenni e/o tappezzanti e 5.000 arbusti. Una vegetazione equivalente a quella di 30.000 mq di bosco e sottobosco, concentrata su 3.000 mq di superficie urbana. Il progetto è così anche un dispositivo per limitare lo sprawl delle città indotto dalla ricerca del verde (ogni torre equivale a circa 50.000 mq di case unifamiliari). Al contrario delle facciate “minerali” in vetro o pietra, lo schermo vegetale del Bosco non riflette né amplifica i raggi solari, ma li filtra, generando un accogliente microclima interno senza effetti dannosi sull’ambiente. Nello stesso tempo, la cortina verde “regola” l’umidità, produce ossigeno e assorbe CO2 e polveri sottili. L’insieme di tali caratteristiche è valso al progetto importanti riconoscimenti, tra cui l’International Highrise Award del Deutschen Architekturmuseums di Francoforte (2014) e il CTBUH Award come miglior edificio alto del mondo, del Council for Tall Building e Urban Habitat dell’IIT di Chicago (2015).

Il concept del Bosco Verticale, l’essere cioè “una casa per alberi che ospita anche umani e volatili”, definisce non solo le caratteristiche urbanistiche e tecnologiche ma anche il linguaggio architettonico e le qualità espressive del progetto. Sul piano formale, le torri sono infatti caratterizzate principalmente dai grandi balconi tra loro sfalsati e a forte sbalzo (circa tre metri), funzionali a ospitare le grandi vasche perimetrali per la vegetazione e a permettere la crescita senza ostacoli degli alberi di taglia maggiore, anche lungo tre piani dell’edificio. Nello stesso tempo, la finitura in gres porcellanato delle facciate riprende il colore bruno tipico della corteccia, evocando l’immagine di una coppia di giganteschi alberi da abitare, ricca di implicazioni letterarie e simboliche. Il contrasto con una serie di elementi in gres bianchi – i marcapiani dei balconi e alcuni moduli sul fronte dei davanzali – introduce un ritmo sincopato nella composizione, che spezza e “smaterializza” la compattezza visiva dei corpi architettonici, amplificando, ancor di più, la presenza vegetale. Più che come superfici, le facciate possono essere osservate come spazi tridimensionali: non solo per lo spessore e la funzione della cortina verde, ma anche sul piano estetico-temporale, in ragione della ciclica mutazione policromatica e morfologica nei volumi delle piante.

Nelle varie stagioni, le variazioni nel colore e nelle forme della struttura vegetale generano un grande landmark cangiante, fortemente riconoscibile anche a distanza: caratteristica che ha generato in pochi anni l’immagine del Bosco Verticale come nuovo simbolo di Milano. Questo principio di variazione agisce anche in relazione ai diversi trattamenti sui lati delle torri e ai vari piani, dove la scelta e la distribuzione delle essenze rispecchia criteri sia estetici sia funzionali all’adattamento agli orientamenti e alle altezze delle facciate. Risultato di tre anni di studi condotti insieme a un gruppo di botanici ed etologi, lo sviluppo della componente vegetale ha preceduto la stessa vita edilizia del complesso. A partire all’estate 2010, le piante destinate a essere impiantate sulle torri sono state infatti pre-coltivate in una speciale “nursery” botanica – allestita al vivaio Peverelli, vicino a Como –, al fine di abituarle a vivere in condizioni simili a quelle finali…https://www.stefanoboeriarchitetti.net/

Comments are closed.